Statine: come riconoscere e governare le interazioni
Raccomandazioni nell’associazione con altri farmaci cardiovascolari
A cura di: Marco Cambielli – MMG Varese
Una quota considerevole di pazienti con patologie cardiovascolari assume statine, una classe di farmaci relativamente eterogenea per caratteristiche farmacologiche che espongono le persone trattate a differenti rischi d’interazione clinicamente significative con gli altri farmaci che stanno assumendo. Un recente rapporto dell’American Heart Association (1), richiama e ben definisce il tema sottolineando come, benché circa il 2,8% dei ricoveri siano causati direttamente da interazioni tra farmaci, la maggior parte di esse non venga riconosciuta come tale, ma venga riportata come reazione avversa.
Nel caso delle statine, i diversi princìpi farmacologici con diverse caratteristiche di farmacocinetica, cioè assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione, impattano in fattori specifici dei pazienti, quali età, sesso, polimorfismo genetico, patologie concomitanti, creando le condizioni assai variabili per la comparsa delle interazioni.
Gli Autori esaminano compiutamente le caratteristiche generali della farmacocinetica, soffermandosi sul sistema enzimatico del citocromo P450 e sulla glicoproteina P.
Il sistema enzimatico P450 è presente per lo più nel fegato e in presenza di altri farmaci, può determinare, per competizione col substrato, l’aumento o la riduzione delle concentrazioni plasmatiche delle statine.
Nel primo caso (inibizione del substrato) si avrà la comparsa di reazioni dannose da aumento della concentrazione plasmatica della statina e nel secondo caso (induzione del substrato), meno frequenti, sono rilevabili dopo lunghi periodi di trattamento, necessari a verificare la ridotta efficacia.
La glicoproteina P (di permeabilità) è un estrusore che agisce contro un gradiente di concentrazione ed è presente a livello della mucosa gastrointestinale. La sua inibizione comporta un aumento della biodisponibilità del farmaco, con aumento della concentrazione plasmatica, per riduzione dell’eliminazione del farmaco: soprattutto atorvastatina, lovastatina, pitavastatina e simvastatina sono state identificate come substrati ed inibitori della glicoproteina P.
Rispetto ai parametri di farmacocinetica, ne consegue che l’assorbimento e la biodisponibilità delle statine siano bassi; alcune, come la lovastatina , risentono molto della concomitanza col cibo, nella cui assenza questa statina diminuisce la sua biodisponibilità del 50%; anche la simvastatina ha una bassa biodisponibilità.
Il metabolismo avviene a livello del citocromo P450, sede di intensa attività metabolica di molti farmaci importanti (3A4), anche cardiovascolari, dove vengono metabolizzate prevalentemente la simvastatina e la lovastatina. Le altre passano da una via meno trafficata (2C19) con meno rischi d’interazione; la pravastatina non viene metabolizzata dal citocromo P450. Per quanto riguarda l’escrezione la via di eliminazione renale è elevata per molte statine, mentre è scarsa per la atorvastatina, aspetto di cui tenere conto in caso di insufficienza renale.
L’analisi delle singole interazioni con i diversi farmaci cardiovascolari, inizia dai fibrati, quando sia necessario aggiungere questi farmaci alle statine. Si conferma l’uso del fenofibrato rispetto a gemfibrozil, tranne nel caso della fluvastatina che può essere usata anche col gemfibrozil.
Riguardo i calcio-antagonisti:
• con l’amlodipina paiono non esserci problemi, tranne che per dosi di simvastatina e lovastatina > di 20 mg
• diltiazem e verapamil vanno associati a simvastatina e lovastatina solo in casi ben valutati, essendo preferibile usare statine che non passano dal citocromo P450 3A4, comunque tenendo anche conto delle variabili etniche (attenzione all’associazione in soggetti asiatici)
Cura va posta anche con l’uso concomitante di statine con gli antiaritmici:
• per l’amiodarone occorre non superare la dose di 20 mg/die di simvastatina e di 40 mg/die di lovastatina, via libera con altre statine;
• per la digitale (valutata qui come antiaritmico) attenzione al l’uso concomitante di atorvastatina per il rischio di tossicità digitalica alle dosi maggiori di atorvastatina;
• con ranolazina sia simvastatina che lovastatina non dovrebbero superare i 20 mg/die.
E’considerato anche il problema relativo agli antiaggreganti e anticoagulanti:
• il warfarin con l’avvertimento di monitorare l’INR in caso di co-trattamento con statine: l’impatto è minore con atorvastatina e pitavastatina.
• In caso di co-somministrazione di ticagrelor va posta attenzione con simvastatina e lovastatina che non dovrebbero superare i 40 mg/die.
• Non sono riportati dati su possibili interazioni tra NOAC e statine.
Rispetto agli immunomodulanti:
• Particolare attenzione va posta con la co-somministrazione di inibitori della calcioneurina ( ciclosporina, tacrolimus) ed inibitori della rapamicina ( sirolimus ed everolimus) per cui sono preferibili rosuvastatina, atorvastatina, fluvastatina e pravastatina pur con dosi medio-basse.
Per i farmaci utili per lo scompenso cardiaco:
• Per ivabradina non paiono esistere problemi di interazioni tra statine
• Con l’associazione sacubitril/valsartan le statine vanno usate a dosi ridotte per competizione con estrusori diversi dalla glicoproteina P
In conclusione gli autori ritengono che nei pazienti con affezioni cardiovascolari, le interazioni farmacologiche con le statine sono comunemente inevitabili e devono essere clinicamente gestite
I medici dovrebbero conoscere i limiti di dose, effetti avversi, e parametri di monitoraggio.
Pertanto è raccomandabile che i medici, nei pazienti trattati con statine, riconsiderino tutti i farmaci che il paziente assume: ad ogni incontro clinico e durante i passaggi di cura. A maggior sicurezza di chi è costretto ad usare le statine in associazioni, una diligente consultazione del riassunto delle caratteristiche del prodotto, dovrebbe costituire una guida rassicurante.
Fonte: univadis.it