Convenzioni in porto: nella conferenza di ieri le regioni hanno approvato i 470 milioni per gli aumenti dei medici di famiglia, guardia, pediatri e specialisti Asl. Gli arretrati per gli anni 2010-15 (tra 5 e 7 mila euro) e gli aumenti per il 2016-17 sono virtualmente nelle tasche dei medici che li riceveranno nelle buste paga a partire da settembre-ottobre, ma come saranno erogati (ed esattamente quando) dipende dalle singole regioni. Il problema è ora finanziare il 2018; i fondi dovranno essere stanziati nella prossima finanziaria sul Fondo sanitario nazionale in cambio di nuovi compiti. E qui iniziano le schermaglie con i sindacati. Già la convenzione firmata prima delle elezioni prevede che gli aumenti 2016-17 siano attribuiti in cambio dell'accettazione di impegni, da specificare negli accordi regionali, su quattro versanti: contenimento delle liste d'attesa, dei codici bianchi in pronto soccorso, effettuazione di vaccinazioni, presa in carico delle cronicità. E se per le vaccinazioni i costi sono contenuti e dipendono dalle esigenze delle regioni, se gli screening dei codici bianchi sembrano lontani dall'assistenza primaria, se il fronte delle liste d'attesa si annuncia caldo più per quanto riguarda i collegamenti informatici degli studi con i Cup che per lo stravolgimento del lavoro del mmg (a meno sia sprovvisto di personale), la presa in carico delle cronicità può rappresentare, fatta in un certo modo, fino a un 200% in più del lavoro del medico. La cifra è buttata lì, ma la frase di Silvestro Scotti pronunciata di fronte a medici Fimmg e dirigenti della Regione Lombardia non è certo un boutade. Il segretario Fimmg ha ribadito innanzi tutto che «serve un tavolo tecnico con le Regioni per deliberare l'erogazione delle prestazioni contenute nei piani assistenziali individuali redatti dai medici di famiglia (che saranno chiamati dalle convenzioni a gestire i pazienti)». Ma ha anche aggiunto: «Il lavoro sul paziente cronico va visto come ordinario o straordinario da incentivare? Quanto una presa in carico di questo tipo può essere coperta da un pagamento a prestazione e quanto invece un percorso così totalizzante è una delle nostre attività centrali, quelle retribuite a quota capitaria nell'onorario? Io chiederei un aumento della quota capitaria», riflette Scotti. Ma di quale entità? «Come Fimmg stiamo sviluppando dei ragionamenti sulla copertura di un compito che va a rappresentare un valore aggiunto incredibile, ed ingloba attività che, messe in atto in una società che invecchia, consentono di evitare al paziente giorni di malattia e di recuperare alla collettività valore-lavoro. D'altra parte, stiamo riflettendo sul fatto che le risorse per la medicina territoriale non devono venire necessariamente solo dal Fondo sanitario nazionale, e su questo tema possiamo costruire una forte alleanza con le Regioni. Stiamo altresì riflettendo come, ragionando da imprese e contribuendo a un aumento del Pil, meritiamo una decontribuzione e una defiscalizzazione sulla fornitura degli strumenti. Dato che l'accordo nazionale ci giudicherà per come avremo saputo rispondere e realizzare gli obiettivi, non è più possibile che la politica non ci aiuti con investimenti sul personale e la piccola diagnostica».