La mancanza di fondi e le lentezze burocratiche hanno, infatti, rallentato l'entrata a regime di Case della Salute, costituite da medici di famiglia e altri professionisti sanitari associati per fornire assistenza h24 (un sondaggio Merqurio realizzato con 1300 medici dimostra l'apprezzamento da parte dei camici bianchi) e sgravare così le strutture ospedaliere e i pronto soccorso del tanto lavoro affrontabile sul territorio. Già prevista nella Legge Balduzzi, e confermata dall'attuale ministro Lorenzin appena rieletta, la riforma della medicina del territorio, pensata per affrontare in particolare il tema delle cronicità, infatti, è ora uno dei capitoli principali all'interno del confronto più ampio sul Patto per la Salute, che dovrà ridisegnare i contorni del Servizio Sanitario Italiano. Tra le best practice, la Lombardia dove il modello 'prendersi cura' è in sperimentazione dal 2010 in 5 Asl e oggi sono 63.475 i pazienti cronici coinvolti e 484 medici di medicina generale. In Veneto, la diffusione della forma associativa della medicina di famiglia, invece, ha avuto inizio già nel quadriennio 2001-2004, con raggruppamenti spontanei tra medici di base e oggi, con il Piano Socio-sanitario 2012-2016, si è delineata la cornice di sviluppo normativo introducendo un percorso di presa in carico globale della persona. In Toscana fin dal 2010 si sono sperimentate forme di sanità di iniziativa che ora copre il 40% della popolazione toscana, mentre in Emilia Romagna le Case della Salute attualmente attive sono 56 e 60 quelle in programma. Attualmente sono punto di riferimento per 800.000 persone, circa un quinto della popolazione.
Il ruolo delle cooperative: Un ruolo determinante nelle aggregazioni di medici lo avranno le cooperative. Come dichiarò ai microfoni di Dottnet l'ex presidente di Legaccop e attuale ministro del Lavoro nel Governo Renzi, Giuliano Poletti, i medici di famiglia avranno un sicuro riferimento nelle cooperative che potranno fornire loro servizi a costo quasi nullo con l'obiettivo dichiarato di di rendere queste aggregazioni sanitarie “protagoniste attive della costruzione di un welfare sostenibile, promuovendo processi di riorganizzazione dei servizi del sistema sanitario nazionale sul territorio incentrati sul binomio “meno ospedali-più prevenzione, cure domiciliari e gestione della cronicità” ed una riduzione della burocrazia, adottando sistemi informativi che favoriscano la partecipazione dei medici, degli operatori e permettano ai cittadini di ottenere le informazioni e le cure necessarie”. “La costituzione di Sanicoop - sottolineava all'epoca Giuliano Poletti nel suo ruolo di Presidente di Legacoop - risponde all’esigenza di dare una rappresentanza organizzata alla cooperazione medica per valorizzarla nel confronto esterno sui diversi tavoli istituzionali ed in quelli interni alla cooperazione, in considerazione del fatto che le iniziative, le sperimentazioni attuate dalle cooperative che operano sul territorio nazionale sono portatrici di idee e modalità di gestione che rispondono ai principi di attuazione dei processi di riorganizzazione dei servizi con la partecipazionediiretta degli operatori”. Poletti è uno che comunque la sa lunga: viene dalle cooperative rosse, che vuol dire Unipol-Sai, Granarolo, Manutencoop, CCC, Coop, CMC, Unieco, solo per limitarsi ai nomi grossi. Inoltre da un paio d'anni guida l'intera associazione di categoria, che si chiama Alleanza delle Cooperative italiane, al posto di quel Luigi Marino che è diventato senatore con Scelta Civica, che naturalmente è un fedelissimo di Mario Mauro (anche lui ciellino come Lupi) e ancor più naturalmente è candidato a fare il viceministro in un dicastero economico. I numeri di Alleanza Cooperative fanno impallidire la più forte delle imprese: 43 mila aziende; 1,2 milioni di occupati; 12 milioni di soci; 140 miliardi di fatturato; 157 miliardi di raccolta bancaria con il credito cooperativo; una quota del 34% nel solo settore della grande distribuzione e dettaglio
Lazio: critiche dallo Smi e da Sigm: Nessuna strategia ad hoc o corsia preferenziale per valorizzare ed inserire i medici giovani e precari all'interno delle “Case della Salute”, che verranno istituite nella Regione Lazio. Per il Sindacato dei Medici Italiani del Lazio (Smi), infatti, affidare la gestione delle strutture sanitarie in questione alle nuove leve, consentirebbe un vero e proprio rinnovamento dell’assistenza ai cittadini. Invece, secondo Paolo Marotta vice-segretario Smi-Lazio: “Ci si ostina a voler dare in gestione le “Case della Salute” alle Unità di Cure Complesse”. Per il Sindacalista, analizzando i numeri, emerge che: «Le Unità di Cure Complesse semplici (Ucp), senza sede unica, hanno un costo di 6,40 euro annui per assistito. Mentre, le Unità Complesse di Cure Primarie (Uccp), con sede unica di riferimento, costano 8,40 euro annui per assistito. Pertanto, affidando le “Case della Salute” a tali strutture (Uccp), la regione Lazio registra, (relativamente ad un bacino di utenza di circa 60.000 abitanti), una spesa complessiva di 10.000 euro al mese. Cifra che andrebbe suddivisa fra i 60 medici addetti, a rotazione, al servizio». Quindi, Paolo Marotta, conclude: «Non si comprende il motivo per cui la Regione Lazio non utilizzi gli stessi fondi per favorire i medici giovani e precari”. Per Stefania Russo, presidente della sede provinciale Sigm-Roma: “Il Sigm-Lazio, auspica una marcia indietro della Regione circa la mancata previsione della valorizzazione dei giovani medici all'interno di una riforma strutturale della sanità. Diversamente, si perderà l'ennesima occasione per innestare un cambiamento culturale e professionale atteso da tempo”. Ed aggiunge: “La proposta dei Giovani Medici (Sigm), di avvalersi del contributo delle giovani generazioni di medici di medicina generale in ambito territoriale, si fonda sul presupposto di affrontare l'annoso problema del sovraffollamento ospedaliero, creando appositi protocolli operativi sia per il chronic-care che per la gestione dei codici colore di triage bianchi e verdi”. Quindi, Stefania Russo, ha infine sottolineato che: «Investire risorse economiche, sebbene esigue, a sostegno dell'utilizzo nei predetti percorsi delle giovani professionalità mediche, motivate e pronte a mettersi in discussione, per la Regione Lazio potrebbe rappresentare, in questo momento storico, un modo innovativo di ottimizzare le risorse umane, favorendo l'interscambio di esperienze tra giovani e meno giovani professionalità, migliorando le performance della medicina del territorio e prevenendo, ad esempio, il numero dei ricoveri ospedalieri evitabili o inappropriati”.
Fonte: DottNet