Un incontro per sondare il terreno e "cercare conferme", per poi ripartire in modo deciso e chiudere "entro un mese" il Patto per la salute che l'Italia attende da anni. E' quello che si aspettano le Regioni in vista del prossimo 4 aprile, giorno in cui si riapriranno i lavori del tavolo con il ministero.
Molti i temi all'ordine del giorno nel confronto sul documento che dovrà rendere più efficiente il sistema e risparmiare, non tagliando, ma razionalizzando. Alcuni già affrontati, come i costi standard, la compartecipazione alla spesa tramite ticket, i Livelli essenziali di assistenza e la riqualificazione delle strutture sanitarie. Altri ancora da scrivere come quello sull'introduzione delle dotazioni standard, ad esempio, di posti letto e personale, o sulla spesa farmaceutica e dunque sui possibili risparmi derivanti dalla costituzione di centri regionali per gli acquisti di farmaci e dispositivi. "Solo così", per Coletto, "ovvieremo alla famosa siringa che costa 5 euro in una regione e 50 centesimi in un'altra". La revisione della spesa dovrebbe, infatti, andare di pari passo con una migliore gestione del sistema degli acquisti attraverso l'aggregazione della domanda di beni e servizi. "Attualmente - sottolinea - c'è una disomogeneità che permette sbalzi di costo enormi. E' importante avere, non 500 centri acquisti ma 20 o anche dieci, magari con più regioni che si mettono insieme per fare un 'cartello' opposto alle aziende e costringerle ad essere competitive". Grazie a questa revisione delle spese interna, il ministro della Salute Lorenzin aveva stimato circa 10 miliardi di risparmi in 3 anni. 'Risorse liberate' che, come avevano promesso tanto il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che il commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, sarebbero rimaste nel settore. Ad esempio per finanziare nuovi e sempre più costosi farmaci o per investire in cure territoriali e malattie croniche, capitolo di spesa che cresce continuamente, di pari passo con l'aumento dell'età media della popolazione.
I commenti della politica: Luca Coletto, assessore alla sanità della Regione del Veneto e coordinatore degli assessori alla Sanità, auspica la chiusura del documento in tempi brevi, "tre settimane o un mese al massimo". "Venerdì - spiega Coletto (Lega) - capiremo il ricollocamento del Patto, ora che è cambiato il Governo. Vorremmo rassicurazioni su quanto sino ad ora concordato, innanzitutto su valore del fondo sanitario, ovvero 109 miliardi per il 2014, 113 per il 2015 e 117 per il 2016". In secondo luogo, aggiunge, "sul fatto che la spending review ci consenta di mantenere le risorse risparmiate, nelle disponibilità del settore e delle regioni che li producono". Da destra a sinistra l'atteggiamento non cambia. "Chiederemo che si proceda più speditamente possibile ai tavoli tecnici per chiudere rapidamente il patto", spiega Claudio Montaldo (Pd), assessore alla Sanità della Regione Liguria e presidente del comitato di settore Sanità delle Regioni. "Per quanto riguarda la posizione sugli aspetti economici - aggiunge - chiederemo conferma di quanto detto dal primo ministro Renzi, ovvero che i risparmi del settore restino in sanità e alle regioni che li producono".
Federalismo a legislazione concorrente addio, meglio che Stato centrale e Regioni si spartiscano le materie di competenza con un tratto di penna più deciso: quelle «esclusive» al primo, le «residuali» alle seconde. Con la Sanità che sembra però rimanere a cavalcioni della linea, perché resta al livello centrale l’emanazione delle «norme generali per la tutela della salute» e spettano invece alla potestà legislativa delle singole amministrazioni «l’organizzazione, in ambito regionale, dei servizi sociali e sanitari». Ecco, in sintesi, quanto prevede il ddl di riforma costituzionale approvato ieri sera all’unanimità dal Consiglio dei ministri. «E’un buon inizio» ha detto il presidente del consiglio, Matteo Renzi, nella conferenza stampa di fine seduta «è finito il tempo dei rinvii, il governo mette in campo una riforma dalla forza straordinaria». Una riforma che il premier vuole condurre in porto in tempi strettissimi: «Spero si possa fare il più rapidamente possibile» ha detto ancora alla stampa «noi siamo sensibili allo sforzo del Parlamento ma i paletti sono quelli che abbiamo dato: è fondamentale che il Ddl venga approvato in prima lettura entro il 25 maggio (poiché è un disegno di legge di modifica costituzionale, servono due passaggi in entrambe le camere, ndr)».
Per arrivarci il governo dovrà avere ragione di chi già chiede una pausa di riflessione su quella riforma radicale del Senato che il ddl promette (abbandono del bicameralismo perfetto, camera alta trasformata in un’assemblea delle autonomie non elettiva e con poteri legislativi limitati) e che diversi gruppi politici vorrebbero riscrivere. Un destino cui potrebbe andare incontro anche il comma che a proposito di Titolo V elenca le materie “residuali” spettanti alle autonomie: il ddl approvato dal Consiglio dei ministri, infatti, sembra confermare integralmente la bozza di metà marzo, con quell’accenno così confuso alle competenze regionali in materia di servizi sanitari da spingere un costituzionalista di spicco come Massimo Luciani (vedi intervista) ad auspicarne la modifica nel passaggio alle Camere.
Fonte: ansa